Maglietta bianca, come quella di marinai, nocchieri, naufraghi e come il colore della pace, sporcata spesso di sangue , dall’ipocrisia o dall’intolleranza che contrassegna lutti e situazioni di esasperazione, lungo sponde e fondali del Mar Mediterraneo. Eustachio Antezza, imprenditore, ma con una sensibilità particolare per le riflessioni, il dialogo, è salito sul ponte della nave di Energheia, un premio e un appuntamento che apre ogni anno Matera al confronto internazionale tra e per varie culture, per invitare altri a salire a bordo per il progetto ‘’ Cittadini del Mare’’. Ce ne parla nella nota che segue. Non importa se sappiate nuotare o meno, ma conta la voglia di fare, di metterci cuore, faccia e braccia sulla strada dell’inclusione, dei diritti alla vita e della pace. Servono tanto buon senso, progettualità e lungimiranza guardano a quello che è Matera ‘’città dei diritti umani e della Pace’’, ai progetti di Città della Pace rimasti al palo tra la costa tirrenica e metapontina ai migranti che vengono in Basilicata per lavorare e che non trovano sistemazione adeguata e ai tanti silenzi dell’Unione Europea,che deve fare i conti con sovranismi e pregiudizi sulle migrazioni che possono essere una opportunità per la nostra economia, la nostra società.
Cittadini del mare
di Eustachio Antezza
“Cittadini del mare” è un progetto nato da un’idea della Fundación Valsain, presieduta da Álvaro Gil Robles, già Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, insieme a Sylvain Briens della Sorbonne Université di Parigi, Amnesty International Italia, Fondazione con il Sud e l’Associazione Energheia di Matera.
Ispirato dal filosofo Roberto Casati e dal suo libro “Oceano – Una navigazione filosofica”, il progetto intende ripensare il rapporto tra le persone, considerando lo spazio del mare come un’area di connessione anziché una barriera, mettendo al primo posto i diritti umani. Definirsi cittadini del mare è un modo per rivedere il concetto di migrazione: non come un risultato della crisi o del dramma, ma come un’opportunità, in cui i valori della solidarietà e dell’aiuto reciproco caratterizzano chi abita il mare. È una proposta per attribuire al mare nuovi valori per il futuro. Lo stesso Harry Martinson, premio Nobel per la letteratura, grande scrittore europeo, marinaio e vagabondo, dichiarò che se diventassimo tutti cittadini del mondo (e del mare), il mondo sarebbe senza guerra e tutti potremmo partire senza passaporto.
Si tratta, quindi, di costruire uno spazio di riflessione, di dialogo e discussione attorno a quest’idea nata nel 2023 a Matera, Città della Pace, un luogo dove possano ritrovarsi politici, intellettuali, artisti, scrittori e studenti. Una sperimentazione in corso per poter tutti insieme dare nuove armi al mare, che siano rappresentative dei nostri valori democratici: solidarietà, legalità, giustizia, uguaglianza, sperando che il risultato non sia solo un’utopia.
Quest’anno agli atelier di scrittura, nell’ambito del XXX Festival del Premio Energheia, con la partecipazione di giovani scrittori e studenti, saranno presenti il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, il filosofo Raphael Ebdi, le giornaliste Nicoletta Dentico e Nancy Porsia, il medico di Lampedusa Pietro Bartolo e Serena Vigoriti impegnata sul fronte dell’accoglienza degli immigrati.
Il mare che unisce le sponde sud e nord del Mediterraneo può servire a superare l’ossessione del fenomeno migratorio a cui le politiche interne di molti paesi europei, compresa l’Italia, sono soggiogate. Questo incubo influenza anche la politica estera, che si manifesta chiusa e prigioniera della paura, producendo accordi e memorandum con i paesi dell’altra sponda del Mediterraneo, costruiti sul disprezzo dei diritti umani. Occorre quindi ricordare qual è la vera identità europea: un’identità democratica, diversa da quella che ignora le morti in mare, opposta alla politica che, come ci ricorda Amnesty International, ha prodotto la criminalizzazione della solidarietà e delle ONG. Tra navi ferme nei porti italiani per ragioni pretestuose e amministrative, oltre ai processi in corso, questa politica ha svuotato completamente il Mediterraneo di ogni forma di soccorso. È evidente che l’Europa non può appartenere ad un club democratico in cui sono accettati solo i privilegi, voltandosi dall’altra parte di fronte ai fenomeni che non le appartengono.
Gli scompensi climatici generano migrazioni. Questo vale per tutte le specie: marine, terrestri, aeree e anche per gli esseri umani. Si prevede che l’aumento della temperatura del pianeta genererà nei prossimi decenni una enorme ondata migratoria da sud verso nord. Il secolo che viviamo sarà, quindi, anche quello della grande migrazione a causa del cambiamento climatico e questo avrà un impatto significativo in un contesto mondiale che, secondo le stime dell’ONU, proietta la popolazione globale oltre i dieci miliardi nel 2080.
La classe dirigente europea deve perciò adottare una visione del fenomeno migratorio che si proietti oltre la propria generazione e deve chiedersi cosa ci sarà dopo. L’Europa è una società matura e sa cosa è accaduto all’uomo nelle ultime cinquecento generazioni, da quando ha realizzato la sua forma stanziale fino ad oggi. Deve scegliere se governare questa situazione oppure affidarla al caso. È necessario pensare al domani. Il progresso si realizza sempre e solo quando si va oltre il giardino, oltre la foresta e i “forestieri”.