Nonostante l’assenza assordante dei cosiddetti partiti che tanto si dilaniano in guerre intestine a ridosso di competizioni elettorali, ma completamente afoni dinanzi a tragedie come la guerra e il massacro di migliaia di esseri umani, fortunatamente la società civile dimostra di avere ancora al proprio interno gli anticorpi per reagire autonomamente a quanto sta accadendo. Al sangue innocente che viene versato in questi oltre venti giorni di violenza israeliana che si sta abbattendo su una popolazione civile con -al momento- oltre ottomila morti di cui oltre tremila bambini. Sangue innocente che si va ad aggiungere a quello degli israeliani, centinaia di morti e tanti bambini, che il 7 ottobre sono stati massacrati dall’incursione terroristica di Hamas. Una tragedia che come ha ricordato il segretario dell’ONU non è certo iniziata quel tragico 7 ottobre ma che affonda le radici nei decenni precedenti, altrettanto insanguinati. Ed allora con un passa parola tra singoli cittadini che si sono detti “possibile che nessuno faccia niente”? Possibile che anche a Matera non si debba manifestare contro ciò che sta accadendo, per chiedere il cessate il fuoco, per fermare il massacro, per facilitare il rilascio degli ostaggi? E così ieri sera un pugno di donne (tra cui la presidente dell’ANPI Carmela Lapadula), rapresentanti di Collettivodonnematera e Fridays For Future Matera, si sono recate in Questura ed hanno rappresentato la decisione di tenere questa sera un falsh mob per la pace in Palestina, l’unica forma di manifestazione possibile in tempi così ristretti. E così con un passaparola una nutrita folla si è ritrovata in via del Corso, dinanzi all’ex Banca d’Italia, per manifestare a favore di un cessate il fuoco. Per stigmatizzare la sproporzione della reazione israeliana che sembra voglia approfittare dell’accaduto per allargare ulteriormente l’occupazione di territori, praticando uno sterminio di innocenti e con la distruzione totale di case, ospedali, scuole. Creando un deserto. Numerosi gli interventi in cui è stato sottolineato come sembra si stia assurdamente accreditando la differenza del dolore tra un morto di una parte rispetto a uno dell’altra.
Ma soprattutto è stato ricordato come questa situazione non ci sarebbe se solo Israele avesse negli anni rispettato le innumerevoli risoluzioni dell’ONU che la condannavano per la occupazione illegale. Per tutte sono stati letti brani della risoluzione del 2016 approvata dal Consiglio di sicurezza dell’ONU in cui per la prima volta c’è stata l’astensione ma non il veto da parte degli USA. Quindi una risoluzione obbligante, ma mai applicata. Trattasi della risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che fu adottata il 23 dicembre 2016 con 14 voti a favore su 15 (astenuti gli USA), con cui si chiedeva ad Israele di porre fine alla sua politica di insediamenti nei territori palestinesi dal 1967, inclusa Gerusalemme Est. E’ una situazione di illegalità internazionale a cui andava posto fine sin da allora ma su cui la comunità internazionale ha chiuso gli occhi. Comunità internazionale che ora non può stare a guardare come si consumi questo spargimento di sangue assolutamente sproporzionato al torto subito e assolutamente non consono ad uno Stato che dovrebbe rispettare le convenzioni internazionali. La mobilitazione materana continuerà con un presidio permanente nella stessa location di questa sera, nelle serate dall’1 al 5 novembre, in una connessione con tutti gli altri luoghi della terra in cui si sta manifestando la stessa ansia e desiderio far tacere le armi e costruire un futuro di pace per tutti. Ci si augura che anche le forze politiche facciano diano una dimostrazione di esistenza in vita su una materia così tragicamente dirimente.
A seguire il testo integrale della risoluzione 2334 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu del 23 dicembre:
Il Consiglio di Sicurezza Onu
Il Consiglio di Sicurezza Onu
Fonte: Onu – Traduzione di Amedeo Rossi
New York, 27 dicembre 2016, Nena News – Il Consiglio di Sicurezza, riconfermando le sue risoluzioni sull’argomento, comprese le 242 (1967), 338 (1973), 446 (1979), 452 (1979), 465 (1980), 476 (1980), 478 (1980), 1397 (2002), 1515 (2003 e 1850 (2008), guidato dalle intenzioni e dai principi della Carta delle Nazioni Unite e riaffermando, tra le altre cose, l’inammissibilità dell’acquisizione di territori con la forza, riconfermando l’obbligo di Israele, potenza occupante, di attenersi scrupolosamente ai suoi obblighi legali ed alle sue responsabilità in base alla Quarta Convenzione di Ginevra riguardanti la protezione dei civili in tempo di guerra, del 12 agosto 1949, e ricordando il parere consuntivo reso dalla Corte Internazionale di Giustizia il 9 luglio 2004, condannando ogni misura intesa ad alterare la composizione demografica, le caratteristiche e lo status dei territori palestinesi occupati dal 1967, compresa Gerusalemme est, riguardante, tra gli altri: la costruzione ed espansione di colonie, il trasferimento di coloni israeliani, la confisca di terre, la demolizione di case e lo spostamento di civili palestinesi, in violazione delle leggi umanitarie internazionali e importanti risoluzioni, esprimendo grave preoccupazione per il fatto che le continue attività di colonizzazione israeliane stanno mettendo pericolosamente in pericolo la possibilità di una soluzione dei due Stati in base ai confini del 1967, ricordando gli obblighi in base alla Roadmap del Quartetto, appoggiata dalla sua risoluzione 1515 (2003), per il congelamento da parte di Israele di tutte le attività di colonizzazione, compresa la “crescita naturale”, e lo smantellamento di tutti gli avamposti dei coloni costruiti dal marzo 2001, ricordando anche l’obbligo, in base alla Roadmap del Quartetto, delle forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese di mantenere operazioni concrete intese a prendere misure contro tutti coloro che sono impegnati in azioni terroristiche e a smantellare gli strumenti terroristici, compresa la confisca di armi illegali,
condannando ogni atto di violenza contro i civili, comprese le azioni terroristiche, così come ogni atto di provocazione, incitamento e distruzione,
riprendendo la propria visione di una regione in cui due Stati democratici, Israele e Palestina, vivano uno di fianco all’altro in pace all’interno di frontiere sicure e riconosciute,
sottolineando che lo status quo non è accettabile e che passi significativi, coerenti con la transizione prevista nei precedenti accordi, sono urgentemente necessari per (i) stabilizzare la situazione e ribaltare le tendenze negative sul terreno, che stanno costantemente erodendo la soluzione dei due Stati e rafforzando una realtà dello Stato unico, e (ii) creare le condizioni di efficaci negoziati sullo status definitivo e per il progresso della soluzione dei due Stati attraverso questi negoziati e sul terreno,
1. riafferma che la costituzione da parte di Israele di colonie nel territorio palestinese occupato dal 1967, compresa Gerusalemme est, non ha validità legale e costituisce una flagrante violazione del diritto internazionale e un gravissimo ostacolo per il raggiungimento di una soluzione dei due Stati e di una pace, definitiva e complessiva;
2. insiste con la richiesta che Israele interrompa immediatamente e completamente ogni attività di colonizzazione nei territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme est, e che rispetti totalmente tutti i propri obblighi a questo proposito;
3. ribadisce che non riconoscerà alcuna modifica dei confini del 1967, comprese quelle riguardanti Gerusalemme, se non quelle concordate dalle parti con i negoziati;
4. sottolinea che la cessazione di ogni attività di colonizzazione da parte di Israele è indispendabile per salvaguardare la soluzione dei due Stati e invoca che vengano intrapresi immediatamente passi positivi per invertire le tendenze in senso opposto sul terreno che stanno impedendo la soluzione dei due Stati;
5. chiede a tutti gli Stati, tenendo presente il paragrafo 1 di questa risoluzione, di distinguere, nei loro contatti importanti, tra il territorio dello Stato di Israele e i territori occupati dal 1967;
6. chiede passi immediati per evitare ogni atto di violenza contro i civili, compresi atti di terrorismo, così come ogni azione di provocazione e distruzione, chiede che a questo proposito i responsabili vengano chiamati a risponderne, e invoca il rispetto degli obblighi in base alle leggi internazionali per rafforzare i continui sforzi di combattere il terrorismo, anche attraverso l’attuale coordinamento per la sicurezza, e la condanna esplicita di ogni atto di terrorismo;
7. chiede ad entrambe le parti di agire sulla base delle leggi internazionali, comprese le leggi umanitarie internazionali, e dei precedenti accordi ed obblighi, di mantenere la calma e la moderazione e di evitare azioni di provocazione, di incitamento e di retorica incendiaria, con il proposito, tra le altre cose, di attenuare l’aggravamento della situazione sul terreno, di ricostituire la fiducia, dimostrando attraverso politiche e azioni concrete un effettivo impegno a favore della soluzione dei due Stati, creando le condizioni necessarie alla promozione della pace;
8. chiede alle parti di continuare, nell’interesse della promozione della pace e della sicurezza, di esercitare sforzi congiunti per lanciare negoziati credibili sulle questioni riguardanti lo status finale nel processo di pace del Medio Oriente e nei tempi definiti dal Quartetto nella sua dichiarazione del 21 settembre 2010;
9. invita a questo proposito ad intensificare ed accelerare gli sforzi e il sostegno ai tentativi diplomatici internazionali e regionali che intendono raggiungere senza ulteriori ritardi una pace complessiva, giusta e definitiva in Medio Oriente sulla base delle pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, dei parametri di Madrid, compreso il principio di terra in cambio di pace, dell’iniziativa araba di pace e della Roadmap del Quartetto e una fine dell’occupazione israeliana iniziata nel 1967; sottolinea a questo proposito l’importanza dei continui sforzi di promuovere l’iniziativa di pace araba, della Francia per la convocazione di una conferenza di pace internazionale, i recenti tentativi del Quartetto, così come quelli dell’Egitto e della Federazione Russa;
10. conferma la propria determinazione ad appoggiare le parti attraverso i negoziati e nella messa in pratica di un accordo;
11. riafferma la propria determinazione ad esaminare mezzi e modi per garantire la completa applicazione delle sue risoluzioni a questo proposito;
12. chiede al segretario generale di informare il Consiglio ogni tre mesi sull’attuazione delle decisioni della presente risoluzione;
13. decide di seguire attivamente la questione.”
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