Abbiamo utilizzato un vecchio intercalare del passato, che la gente dei Sassi, rivolgeva al fornaio di fiducia per sapere se il pane dalle pezzature generose, anche dai tre ai cinque chili in media, era bello e cotto da porta a casa come una reliquia. Una richiesta ridondante che strappava il sorriso e un segno di assenso del sudato fornaio, che in precedenza aveva fatto il giro delle ordinazioni. Un mondo scomparso. Ma resta la maestria dei fornai materani che, appena possono, aprono le porte ai piccoli per una lezione sul campo. Certo se materani, comprese le spighe vacanti che con tanta supponenza pretendono di gestire il turismo dalle mani libere della Città dei Sassi, e i turisti avvessero a disposizione un luogo della narrazione avremmo un motivo in più per rendere appetibile l’offerta turistica locale. Incentrata sulla identità e la memoria del territorio. Il fornaio Antonio Serravezza ricorda e ripete che l’impresa vale la spesa. Giriamo la proposta non alle ‘’spighe vacanti’’ dai selfie facili, ma agli operatori del settore o a quelli che si rimboccano le maniche per fare turismo per infornare il pane della memoria.Ma prima bisogna impastare, trmbè…
LA PROPOSTA DI SERRAVEZZA
Parliamoci chiaro, è inutile fare battibecchi per il proprio pane. Ogni regione italiana ha lunghe e diverse tradizioni panificatorie. In ogni pane resta traccia dell’evoluzione sociale, economica e culturale di ogni territorio d’origine e ogni pane varia per forma, impasti e prodotti. La tradizione dell’arte del “pane” in Italia è talmente radicata che sono nati addirittura alcuni musei che raccolgono, documentano e narrano agli ascoltatori di oggi la storia del pane, da un lato, e la storia di una società e della crescita dell’altro. Il fattore “pane” a Matera è molto importante ed è la base per apparecchiare una tavola dove c’è famiglia. Eppure non siamo riusciti a metterlo in risalto per la sua storia e per il sacro santo punto di riferimento che intorno al pane di Matera si concentra la famiglia. Non posso pensare all’occasione persa con il vero progetto del ex mulino Alvino. Era un progetto nobile che sarebbe stato un punto di riferimento per la città e per tutti i turisti che visitano la Città dei Sassi. Il Museo del Pane con i laboratori e aule per raccontare uno dei pezzi miliari della vita delle famiglie materane e dei forni a legna sparsi nei vecchi rioni dei Sassi. Quanta storia, quanti nomi e soprannomi che sono solo sparsi nel vento che solo chi ha vissuto quei tempi si ricorda. Noi ci stiamo dimenticando delle nostre origini, quelle sane che profumano del pane appena cotto. Manca nella città capitale europea della cultura un luogo dove si racconti la cultura della panificazione, si pensa a creare strutture per l’industria del cinema e si dimentica di creare una struttura dove raccontare il nostro “pane”, dove creare nuove leve che possano portare questa tradizione secolare verso il futuro. Fra pochi anni non ci saranno più panificatori se non ci si dà una mossa. Poi il nostro pane diventerà industriale, venduto nel sacchetto trasparente, perderà il suo profumo , la sua fragranza.
Siamo ancora in tempo se qualcuno ama Matera e ha voglia di creare uno spazio espositivo che possa accompagnare il visitatore lungo un percorso storico dall’approvvigionamento dei grano alla vera e propria panificazione: dalla trasformazione del grano in farina alla cottura nei forni. Far ammirare, allo stesso tempo, le forme del pane che racchiudono storie di donne e uomini, di fatiche e vita vera.
Io sono fortunato perché abito vicino a uno dei pochi forni a legna ancora esistenti a Matera e precisamente ad Agna e, ogni giorno, mi faccio incantare da Angelo che sforna il pane caldo dal forno a legna e che rilascia un profumo che è difficile dimenticare.
La croccantezza del pane appena sfornato fa rima con la concretezza che speriamo sia sfornata da chi ha poteri decisionali.
