Piaccia o no l’eroismo dei nostri soldati, per cielo, per terra o per mare, come il ‘’comandante’’ Salvatore Todaro del film di Edoardo De Angelis, alla fine serve per ricordare quanti spesso con mezzi inadeguati, in condizioni di precarietà come accadde durante il secondo conflitto mondiale, non dimenticarono di essere uomini e italiani. Sì italiani, perché uomini e ora anche donne del BelPaese, quando sono sul teatro di guerra o in missione di pace, ricordano che hanno un cuore, una famiglia e che non ci si può voltare dall’altra parte quando c’è qualcuno che sta peggio di te. Quel film, descritto da Armando Lostaglio, è anche questo. E piace perché è una storia d’altri con l’uomo e il mare, il sacrificio di una vita per un’altra vita, obbedendo a sé stessi.
COMANDANTE di Edoardo De Angelis
di Armando Lostaglio
Da poco uscito nelle sale dopo essere stato in concorso a Venezia, ha mantenuto le attese Comandante di Edoardo De Angelis, con uno straordinario Piarfrancesco Favino. Salvare vite in mare va oltre ogni sterile polemica. È il messaggio finale che il film rilancia, trattando di un episodio realmente accaduto durante la II guerra mondiale, inerente il salvataggio di una ventina di marinai di una nave belga da parte di un sottomarino italiano comandato da un eroico Salvatore Todaro. Resta un omaggio alla storia, quella del conflitto mondiale, magari dimenticata e talvolta ammantata di retorica, eppure efficace in un tempo di guerre ed invasioni barbariche, fra Europa e Mediterraneo. Il film si mostra su due piani, e come una sorta di teatro delle idee, con la macchina da presa spesso a scrutare e scorgere i volti dei marinai, a dare maggior enfasi non alle azioni ma alle parole. Oltre ogni retorica, dunque, il film prende per generosità quasi infantile. Ogni personaggio riprende dunque il sopravvento sulle perniciose interpretazioni ideologiche, e nel mentre, le sottolineature dialettali fanno da mentore di un abbraccio ecumenico.
“Nulla di creativo viene dalla paura – ammette Favino -. Non si può non fare una cosa perché si ha paura di quello che la gente può pensare. Le esperienze migliori che ho avuto nella vita sono state quando sono andato qualcuno potesse trovare da ridire. Quando si fa un film, si ha la certezza che chi lo vedrà farà il ‘suo’ film. Io avrei dovuto aver paura di fare il mafioso, o di fare l’anarchico. Ogni volta accadrà che qualcuno sarà soddisfatto e qualcun altro insoddisfatto. C’è chi vedrà il suo Buscetta e chi vedrà il suo Todaro, ma aver paura può portare solo a non fare le cose”. Lo ha dichiarato il protagonista, ormai di statura internazionale. Il film di Edoardo De Angelis è scritto a quattro mani con Sandro Veronesi. Il comandante lascia certo qualche spunto di facile retorica quando in una scena risponde: “vi abbiamo salvato perché siamo italiani” e non già “perché siamo uomini…” E poi via a mandolino e Surdat nnammurat, da italiani brava gente e giovani infermiere in lacrime. La sceneggiatura non impeccabile seppur di forte resa drammaturgica: resta un buon film, colossale come impatto scenico ed impeto d’impresa. Un film in fondo necessario, di “riscatto” storico sulla tenuta eroica degli italiani, mentre la Storia continuerà a far discutere, ed è importante che si discuta mediante il cinema.