mercoledì, 26 Marzo , 2025
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Laureano: la nostra via Appia esclusa dall’Unesco? Ecco perché…

…E l’ Architetto e urbanista e consulente Unesco per gli ecosistemi in pericolo, autore del dossier di candidatura tra i beni patrimonio dell’Umanità dei rioni Sassi e dell’habitat rupestre, sul tema dell’esclusione va dritto al cuore del problema: i limiti della presentazione di candidatura che hanno portato l’Icomos a non scantonare dal tracciato… E su questi aspetti Laureano precisa cosa si richiedeva, quello che si valuta in relazione alle peculiarità della antica via Appia. Una lettura a 360 gradi che entra nel merito della questione. Nessuna sorpresa se il risultato della esclusione( temporanea,auspichiamo) è stato finora quello che sappiamo. Laureano, che gira mezzo mondo, lo fa adesso aprendo un interessante capitolo sulla valorizzazione dei Cammini dei popoli lucani. Glielo avevamo chiesto nelle immediatezze delle tante prese di posizione di sindaci, associazioni, sorpresi e rammaricati dalla esclusione di tratta della via Appia tra Basilicata e Puglia e del Lazio tra i beni tutelati dall’ Unesco. Con tutte le precisazioni e le disponibilità annunciate dall’ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, a riprendere l’argomento con tempi e modalità che ancora non sappiamo. Toccherà al nuovo ministro Alessandro Giuli farlo.

L’iscrizione UNESCO della Via Appia e i Cammini Lucani

Pietro Laureano
Consulente UNESCO

I motivi delle esclusioni
La recente iscrizione della via Appia nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO ci riempie tutti di soddisfazione. Resta, tuttavia, il rammarico per il mancato inserimento dei percorsi della Basilicata e tratti della Puglia eliminazione per la quale si è data, da più parti, la responsabilità all’UNESCO.

In effetti appare chiaro dai documenti d’iscrizione che il tracciato iscritto nella lista UNESCO comprende in Basilicata solo un piccolo tratto a Sud di Melfi e a Nord di Rapolla per passare dentro Venosa e poi continuare nell’alta valle del Bradano a Nord di Palazzo S. Gervasio e Banzi. Viene poi lambita la parte settentrionale della Provincia di Matera senza passare da questa città per proseguire, senza comprendere Gravina in Puglia, in direzione di Taranto (Tavole 1-4).

Questo risultato deludente non è imputabile all’UNESCO e dipende dai modi in cui è presentata la candidatura da chi ne è promotore. L’ICOMOS e il Comitato Mondiale dell’UNESCO decidono in base ai dossier inoltrati in cui sono motivati i valori e selezionati i significati riconosciuti per la iscrizione. La via Appia è stata proposta come segno della civiltà romana e alta espressione di capacità tecnica e ingegneristica cioè nel suo aspetto di opera materiale e monumentale di un determinato periodo storico. In questo contesto non potevano che essere esclusi tutti i tratti dove non vi era presenza concreta di manufatti, tracciati o monumenti romani. Quindi, anche se le componenti proposte comprendevano già soprattutto resti della struttura principale della strada e solo piccole parti del paesaggio antropizzato immediatamente associato ad essa, l’ICOMOS ha ritenuto che la candidatura dovesse essere ancora più limitata a evidenze costruttive e ai siti situati lungo la struttura principale del percorso e all’interno del lasso di tempo definito nel dossier di candidatura, vale a dire tra il 312 a.C. e il IV secolo d.C.

La Via Appia nasce nel 312 a.C. come strada militare romana anche se poi nei secoli si è caricata di molti altri significati. A partire da Benevento si dirama in due tracciati. Già quello originario non si addentrava nelle aree interne della Basilicata di difficile controllo militare e passava solo da Venosa. Quello successivo, la via Traiana, realizzata in epoca imperiale dal 108 al 110 d.C., correva ulteriormente a Nord della Basilicata per raggiungere Brindisi. Quella che in Basilicata chiamiamo via Appia, Appia Nuova o via Lucana, nell’attraversamento per esempio di Matera, è una denominazione recente la SS7 che tocca i centri lucani già collegati da tracciati arcaici come la via Potentina, il Cammino Tarantino, la via delle Gravine e altri percorsi interni della Basilicata. Quindi la Via Appia ha marginalizzato la Basilicata che era una terra di insubordinazione difesa da presidi imprendibili e in cui le strade c’erano già. Le aree interne della Lucania antica, che comprende il Cilento e parte della Calabria, popolate da comunità fiere e indipendenti, erano messe in comunicazione da sistemi di percorso arcaici: arditi itinerari attraverso tutta la Lucania sui crinali; impervi tratturi di montagna fino alle cime più elevate coronate di templi e santuari; le strade della Magna Grecia lungo i fiumi e che, nei centri abitati, raggiungevano anche i dodici metri di larghezza; tratturi di pianura larghi anche da 70 a 100 metri per il passaggio di quella città viaggiante che era la transumanza. La via Appia crea una diversione rispetto a questa struttura che viene in seguito attraversata da altre strade romane, la via Popilia nel 132 a.C. e la via Herculea del 300 d.C., sovrapposte a percorsi già esistenti (Tav. 5). Si tratta di un complesso sistema di comunicazione in continua trasformazione nel tempo in rapporto ai cambiamenti storici e le relazioni di dominio di cui non è stato tenuto conto nel documento di iscrizione. Così sono state escluse completamente Potenza e Matera per la Basilicata e anche Gravina (Sidion-Silvion-Botromagno) in Puglia da cui la Via Appia evidentemente passava.

La Via come espressione di relazioni e paesaggio culturale
Si è preferito, nella candidatura UNESCO, ridurre il significato di una strada ai soli elementi materiali e costruttivi come facile criterio di definizione e di identificazione. Ma la complessa realtà e dimensione allargata di una via di comunicazione non è mai riconducibile a un semplice basolato o tracciato. Anche fisicamente questo è sempre un reticolo che nel tempo subisce continue variazioni in relazione a mutamenti ambientali, storici e sociali. Una via è soprattutto un’espressione culturale che riflette i momenti storici, i cambiamenti delle civiltà mettendo in relazione luoghi e condizioni, includendo, valorizzando o aggredendo territori e modi di vivere. Utilizza tratti già esistenti o è espressamente pianificata ma è sempre qualcosa di diverso e di più delle sue componenti costruttive e monumentali e va identificata in uno spazio e paesaggio culturale. Comprende le strutture, i monumenti e i centri storici distanti, e anche il sistema di relazioni veicolate e gli impulsi dati alla società e la produzione. La strada è tutto questo: le motivazioni sociali, spirituali e produttive che la hanno generata e di coloro che la percorrono; la concretizzazione nel territorio della visione del mondo del sistema di potere; le sensazioni, il desiderio e il sogno della comunità; la voglia di cambiamento, aspirazioni, incontri, comunicazione con luoghi lontani generati dal viaggio; le esperienze, conoscenze e interazioni tra i viaggiatori che innescano una duratura e positiva influenza nell’ambiente, la storia ed il mito. Non sono Patrimonio i soli basolati e le massicciate ma i luoghi vivificati con il suo percorso, le architetture e complessi paesaggisticamente collegati, le modificazioni territoriali prodotte.

La selezione dei significati del patrimonio non sono solo importanti per identificare il bene iscritto ma perché, con gli obblighi di salvaguardia e perpetuazione prescritti dall’UNESCO nel piano di gestione, determinano le azioni da mettere in atto e prefigurano il destino del sito. L’iscrizione della via Appia, intesa come identificazione dei meri tratti e musealizzazione permetterà, se gli appelli di Antonio Cederna e Paolo Rumiz saranno ascoltati, di conservarne le vestigia e, al meglio, di realizzare una colta ciclovia o geo passeggiata. Quello che interessa, tuttavia, è una visione più larga del Patrimonio, vivificante e olistica, rivolta ai cuori e le aspirazioni delle genti per dare probabilità al futuro che vogliamo.

I Cammini dei Popoli Lucani come candidatura espressione della comunità.
Sarebbe stato opportuno affrontare l’iscrizione della via Appia in questa dimensione allargata proponendo una candidatura innovativa, anche se meno facile, basata sul significato profondo delle vie di comunicazione come espressioni della comunità, la sua identità e genesi. E’ questo il caso della Basilicata in cui proprio nei percorsi, che sono itinerari agro pastorali, assi di relazioni e scambio, cammini sacri di pellegrinaggio, hanno forgiato e realizzato il sentire comune e si costruito la cultura e il Patrimonio. Gli ormai numerosi studi e scavi archeologici, il profondo lavoro di ricerca e museale delle Soprintendenze e della Università hanno ormai bene documentato e dimostrato come la variegata, accidentata e splendida orografia della regione, immersa tra due Mari al centro del Mediterraneo, è stata la base per la formazione di comunità, forme sociali, villaggi e città, basate sui cammini e la transumanza, che hanno espresso adattamento ambientale, armonia e bellezza.

Il sistema sociale, fondato su insediamenti stagionali intrinsecamente connessi ai percorsi e i luoghi elevati, caratterizza l’area fino dalla media Età del Bronzo dal XVI al XIV sec. a.C.. Al momento della colonizzazione greca alla fine dell’VIII sec. e inizio del VII la regione è abitata dagli Enotri che utilizzano insediamenti di media altura e sono rapidamente investiti della cultura greca che viene assimilata attraverso il sistema di relazioni e di scambi instaurato lungo le vallate e in particolare il corso navigabile dell’Agri. A partire dal V sec. la regione è strutturata dai Lucani valorosi guerrieri che si organizzano in siti fortificati sulle sommità elevate riuniti in un sistema federale facente capo a santuari comuni di altura. In questa fase si forma l’identità dei popoli lucani fortemente connessa con la cultura e la società della Magna Grecia che con la presenza di Pitagora a Metaponto ha i suoi momenti più elevati. I Lucani, maestri dei cammini, controllano i collegamenti tra le colonie greche del Tirreno e dello Ionio e la regione acquista ruolo e dimensione internazionale mettendo in rapporto il Mediterraneo occidentale con quello orientale attraverso una via istmica terrestre. Gli antichi popoli della Lucania avevano mantenuto ruolo e indipendenza tra il mondo Etrusco e la Magna Grecia proprio grazie al controllo di questa rete dei percorsi che attraverso la regione permettevano di raggiungere le due parti del Mediterraneo, andando da Metaponto a Paestum ed Elea, senza essere costretti a compiere la circumnavigazione della Calabria. I Lucani erano padroni degli itinerari impervi di montagna di cui soli conoscevano e tramandavano gli accessi. Erano organizzati in comunità autonome e distinte secondo le vallate che stipulavano patti e alleanze nei momenti d’incontro per le celebrazioni e i riti lungo i percorsi e nei templi sulle cime elevate. Gli stessi santuari e antichi itinerari sono utilizzati per i Cammini dei pellegrinaggi di epoca medievale lungo i quali si sono create quelle relazioni e rapporti internazionali e comune sentire di fede, volontà e azioni che ha portato alla rinascita europea.

Le caratteristiche corrispondono perfettamente alla categoria di iscrizione propugnata dall’UNESCO delle Strade del Patrimonio. Questa tematica potrebbe costituire un’ottica avanzata, innovativa e multidimensionale per completare l’iscrizione della Via Appia con una narrazione dei sistemi di comunicazione più allargata, complessa e consona alla storia e cultura lucana. Le strade del Patrimonio sono definite come itinerari culturali costituiti da elementi materiali e immateriali che devono il loro valore agli scambi e al dialogo multidimensionale tra paesi o regioni e che illustrano l’interazione tra le genti con il movimento, attraverso il percorso, nello spazio e nel tempo. Su di essi fattori di fede, reciprocità e relazioni hanno contribuito a creare identità, valori culturali, comunicazione e pace tra popoli. Si tratta dello scopo finale delle candidature UNESCO che andrebbero selezionate e proposte proprio in base al benessere che l’iscrizione può apportare alle comunità e alla promozione di una cultura di armonia e pace. Questi valori sono espressi proprio dai Cammini al Sacro Monte di Viggiano verso il Santuario della Madonna Nera eletta a Patrona e simbolo comune della Lucania intera (Tav. 6). I pellegrinaggi sono effettuati ancora oggi, anche completamente a piedi, con marce di diversi giorni. Viggiano ha sostituto l’antica Grumento che era a capo della federazione lucana così la stessa trama di percorsi si perpetua dai tempi più antichi. I Cammini convergono da tutta la Lucania antica così l’iscrizione nell’UNESCO comprenderebbe aree interne della regione e di quelle limitrofe creando una struttura territoriale di valorizzazione e opportunità. Promuovendo questa candidatura si realizzerebbe un’iscrizione promossa dal basso come espressione di comunità. La Regione Basilicata potrebbe guidare il processo avviando un tavolo di riflessione e propulsione su tutte le candidature possibili che, oltre quella sui Cammini, incluso le Rabatane, Pitagora, Maratea, i Calanchi, la Murgia e le Gravine sono tutte di grande significato.

1) 1. via Appia. I segmenti in rosso sono i tracciati iscritti all’UNESCO. Tavola del dossier di iscrizione del Ministero

2. via Appia in Puglia e Lucania. In rosso i tratti iscritti all’UNESCO. Tavola del dossier di iscrizione del Ministero
3. Via Appia tra Melfi e Rapolla fino a Venosa. Tavola del dossier di iscrizione del Ministero
4. Via Appia nell’alta valle del Bradano nella tavola del dossier di iscrizione del Ministero

5. Il Complesso sistema delle vie di Comunicazione Lucane: i percorsi di crinale, i tratturi, la viabilità̀ magno greca, le strade romane, i cammini lucani. Elaborazione Pietro Laureano -IPOGEA.

6. i cammini dei Popoli lucani elaborazione Pietro Laureano -IPOGEA

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