mercoledì, 11 Settembre , 2024
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Allarme deposito scorie nucleari in Basilicata, ma non c’è nulla di nuovo!

Un paio di giorni fa abbiamo ricevuto e riportato anche su Giornalemio.it sia una nota dell’UGL di Matera (https://giornalemio.it/ambiente/giordano-ugl-contrari-alla-localizzazione-in-basilicata-del-deposito-rifiuti-nucleari/) che un’altra a firma di Piero Marrese (https://giornalemio.it/politica/marrese-no-a-deposito-scorie-nucleari-a-montalbano-e-in-basilicata/) con cui si ribadiva il proprio NO alla eventuale scelta di destinare il materano e la Basilicata a deposito unico nucleare. Perchè c’è questa nuova levata di scudi? C’è qualche novità rispetto alla resa pubblica della mappa dei potenziali siti pubblicata dalla SOGIN nel gennaio 2021?  Sembrerebbe di no, tant’è che nelle due predette note non viene citato nulla in proposito. E tant’è che l’assessore all’Ambiente, Energia e Territorio della Regione Basilicata, Cosimo Latronico, dichiara “Sulla questione relativa al deposito dei rifiuti radioattivi non c’è alcuna novità. La posizione della Regione Basilicata rimane la stessa espressa più volte nei mesi scorsi, ribadita con atti concreti e osservazioni”.  E comunque ricorda che “Nei mesi scorsi abbiamo presentato al Governo, sulla base di analisi , la nostra impossibilità ad ospitare il sito. Abbiamo presentato dei documenti ufficiali alla Sogin illustrando i criteri di esclusione indicati, a vario titolo a seconda delle aree, che riguardano sismicità elevata; fenomeni di fagliazione; rischio e pericolosità geomorfologica e idraulica di qualsiasi grado e le fasce fluviali; livelli piezometrici affioranti o che, comunque, possano interferire con le strutture di fondazione del deposito; parametri chimici del terreno e delle acque di falda; presenza di produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, luoghi di interesse archeologico e storico; presenza di infrastrutture critiche rilevanti o strategiche. Abbiamo, inoltre, spiegato che la Basilicata si è già resa disponibile nei confronti del Paese negli ultimi decenni, sia con le attività estrattive che con gli impianti di energia rinnovabile e le dighe. Infine, c’è da sottolineare che alcuni territori italiani si sarebbero autocandidati ad ospitare il sito”.         

           

Dunque, tanto rumore per nulla? Sembrerebbe proprio così e farebbero bene sia l’UGL e Marrese a chiarire in base a quale nuova notizia a loro conoscenza hanno ritenuto di dover diffondere le allarmate note prima citate. Perchè a giudicare da quanto ha scritto, poche settimane fa, l’ISIN (l’Ispettorato per la sicurezza nucleare) nella sua relazione annuale al Governo e al Parlamento (Relazione annuale dell’Ispettorato sullo stato della sicurezza nucleare in Italia 2023),  l’avanzamento dell’iter di approvazione della CNAI (la carta delle aree idonee a ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, per l’appunto) sebbene abbia costituito “un sostanziale ‘cambio di orizzonte’” per la soluzione del problema, “si deve tuttavia riconoscere che permane ancora l’incertezza sui tempi di realizzazione”. Dopo  che le comunità delle 67 zone individuate hanno tutte risposto niet al progetto, si è in attesa dell’adozione della versione finale della CNAI appunto, che tarda però a venire e sembra continui a fare la spola tra i soggetti coinvolti nella procedura (la  SOGIN, la società di Stato che dovrà realizzare e gestire l’opera, nel frattempo commissariata e solo dal 4 agosto ha un nuovo consiglio d’amministrazione, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin e l’ISIN), rimanendo top secret.  Nei mesi scorsi l’attuale ministro ha dichiarato di non sapere “se riusciremo a chiudere quest’anno”, contrariamante a quanto preventivato dal suo predecessore Roberto Cingolani, che assicurava l’individuazione definitiva del sito entro dicembre 2023. Entro settembre, invece, potrebbe esserci l’adozione di un provvedimento per aprire ufficialmente alle autocandidature anche da parte di località non incluse nella CNAI. Cosa che allungherebbe un bel po i tempi di questa telenovella. Se cosi andassero le cose, le attuali grida levatesi sarebbero un sembre buon “repetita juvant“!

Vito Bubbico
Vito Bubbico
Iscritto all'albo dei giornalisti della Basilicata.
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